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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Il, VAGABONDO DELLE STELLE
   223
   capitombolo, — dichiarò al direttore, in mia presenza, con aria di sicurezza.
   Gli troncai la parola:
   — Vi sbagliate, — dissi. — Sono capace di resistere, non venti, ma quaranta giorni... Quaranta giorni? E poco. Mettete pure cento giorni.
   Ricordandomi della pazienza di cui il mio coraggio aveva dato prova un tempo, quando attesi, per quarant'anni, l'ora di poter afferrare alla gola iChong-Mong-ju, aggiunsi:
   — Voi ignorate, cani da guardia delle prigioni, che cos'è un uomo. Guardatemi : ne vedrete uno! Di fronte a me, non siete che dei miserabili aborti. Sono il padrone di voi tutti. Voi non riuscite a cavarmi un solo lamento. E questo vi stupisce, perchè, se foste al mio posto, implorereste pietà, alla centesima parte delle mie sofferenze.
   Continuai così ad ingiuriarli abbondantemehte. Li chiamai rospi, figli dell'inferno, mostri di scelleratezza. Ripetei, a sazietà, che ero loro infinitamente superiore, e che essi erano degli schiavi, i miei schiavi. Io ero un uomo libero. Soltanto la mia carne era prigioniera in questa cella. Mentre questa povera carne giaceva inerte sul pavimento, e non soffriva nemmeno, il mio spirito volava attraverso il tempo e lo spazio. Il mondo era mio.
   Si ritirarono senza trovar niente da rispondermi, ed io continuai ad ingiuriarli che erano già usciti.
   Raccontai poi, col solito sistema, tutte le mie avventure retrospettive ai miei due compagni. Morrell non dubitava affatto della verità di quanto gli narravo. Ma Oppèìiheimer, pur interessandosi molto ai miei racconti, rimase scettico fino all'ultimo. E si mostrava desolato che io avessi dedicato la mia vita all'agronomia, invece di scrivere dei romanzi d'avventure. \
   Tentai di spiegargli bène che, come Darrell Stan-