Il, VAGABONDO DELLE STELLE
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Chong-Mong-ju vide questo tremito e pensò che la sola vecchiaia ne fosse la causa. Tesi verso di lui la mia ciotola di rame e gemetti pietosamente. Velai sotto le lagrime il fuoco ardente delle mie pupille azzurre, e calcolai la distanza e la mia forza, prima di balzare.
Fu come un getto di fiamma, di fiamma rossa. 'Vi fu un gran fracasso di cortine che si laceravano, di stecche che si spezzavano; poi degli urli acuti e delle esclamazioni, dei servitori sgomenti, mentre le mie mani si stringevano intorno alla gola di Chong-Mong-ju. La lettiga si rovesciò ed io seppi appena dove mi trovavo. Ma le mie dita tenevano duro.
Nel mucchio di cuscini e di coperte, fui appena raggiunto dai colpi dei servitori. Ma ben presto giunsero i cavalieri alla riscossa, ed i pesanti manichi delle loro fruste s'abbatterono sulla mia testa, mentre molte mani m'acciuffavano e mi laceravano.
Una vertigine s'impadronì di me. Conservavo tuttavia abbastanza coscienza per sentire che le mie vecchie dita scarne erano solidamente affondate in quella vecchia e magra gola, che da tanto tempo cercavo.
I colpi continuavano a piovere sulla mia testa, in cui turbinavano mille pensieri, e dentro di me mi paragonavo ad un cane, ad un « bull-dog », di cui nessuno può far aprire le mascelle.
Chong-Mong-ju non poteva più sfuggirmi; ed io seppi che era morto, prima che la notte scendesse sopra di me, come una anestesia, sugli scogli di Fusan, in faccia al Mar Giallo.