216-4
JACK LONDON
un giorno. Vedo ancora quegli otto vecchi, in piedi
0 seduti sulle coste rocciose di Fusan, sospirando con tutta l'anima verso quel mare sul quale era ormai proibito loro di navigare.
Si scorgevano bene, qualche volta, delle giunche giapponesi, ma mai una vela, dalle forme familiari alla vecchia Europa, apparve sui flutti.
Gli anni passavano. La signora Om ed io, come gli otto marinai, eravamo ormai diventati vecchi. Anche noi andavamo di preferenza a Fusan, dove ci si trovava tutti insieme.
Poi, man mano che gli anni passavano, qualcuno mancava, volta per volta, all'abituale convegno.
Giovanni Amden fu il primo a lasciarci. Giacomo Brinker, suo compagno inseparabile, ci recò la notizia. Brinker fu l'ultimo degli otto. Aveva quasi novant'anni quando morì, sopravvivendo due anni a Tromp. Mi ricordo, come se fosse ieri, di questi due amici che, al termine dlla loro vita, deboli e consunti, si riscaldavano al sole, sulle rive di Fusan, colla loro ciotola di mendicanti a fianco. Parlavano colle loro voci acute, simili a quelle dei bambini, raccontandosi mille cose del passato. Tromp non faceva che ripetere come Maartens ed i suoi quattro marinai, fra cui egli si trovava, avevano violato le sepolture dei Re, sulla montagna di Ta-bong, come avevan trovato ogni salma imbalsamata nel suo feretro d'oro, fra due vergini, a destra ed a sinistra, imbalsamate al pari di loro; come, infine, quelle orgogliose mummie, riapparse alla luce, si dissolvevano in polvere, mentre Maartens ed
1 suoi marinai imprecavano e sudavano, nello spezzare i feretri.
Era stato veramente un colpo magnifico. Maartens avrebbe potuto fuggire col suo bottino, sul Mar Giallo, senza quel nebbione in cui, il giorno dopo, si smarrì. Da questo avvenimento nacque una can-