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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Il, VAGABONDO DELLE STELLE
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   era il nostro castigo. Pił d'una volta, i « coolies » ed i facchini, che urlavano ingiurie contro la signora Om, conobbero il peso del mio pugno, la collera della mia mano che li schiaffeggiava. Talvolta, nelle montagne, in villaggi sperduti, incontravamo delle vecchie che, quando vedevano passare al mio fianco la signora Om, la grande Principessa decaduta, sospiravano, crollando il capo, mentre i loro occhi si velavano di lagrime. Altre donne, giovani, s'impietosivano nel vedere le mie larghe spalle, i miei lunghi capelli chiari, dell'uomo che un tempo era stato il Principe di Koryu e il governatore di sette Provincie. Frotte di monelli si mettevano alle nostre calcagna. Essi non avevano nessuna pietą e ci bersagliavano, con voce acuta, d'insolenze e di parole oscene.
   Di lą dallo Yalu, per la larghezza di quaranta miglia, si stendeva una pianura desolata che, dal Mare del Giappone al Mar Giallo, costituiva la frontiera settentrionale della Corea. Veramente, non era una regione sterile, ma era stata resa tale dalla' politica d'isolamento della Corea. Su questa pianu ra, cittą, villaggi, fattorie, tutto era stato distrutto. Era il no marģs land — la terra di nessuno, — infestata da bestie feroci, e percorsa soltanto da compagnie di « Cacciatori di tigri » a cavallo, che avevano l'incarico di uccidere tutti gli esseri umani che v'incontravano. Non c'era dunque nessuna speranza di sfuggire in questa direzione.
   Dopo aver vagato a lungo dappertutto, come me, i miei otto compagni marinai si volsero di preferenza verso la costa sud, dove il clima era pił dolce. Inoltre era la regione pił vicina al Giappone, le cui coste si vedevano in lontananza, di lą dallo stretto che le separava}.
   Da quella parte era la sola speranza di salvezza. Forse qualche nave diEuropa vi sarebbe apparsa