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JACK LONDON
La porta si aprì, e comparve iChong-Mong-ju, personificazione vivente del benessere, della prosperità e della potenza, scuotendo la neve dai suoi preziosi calzari. Tutti fecero posto, a lui e ai dodici uomini che costituivano il suo seguito.
Improvvisamente, i suoi occhi si fermarono, — per puro caso, perchè l'albergo era molto affollato, — sopra la signora Om e sopra di me.
— Sbarazzatemi di quei vermi là, in quell'angolo... — ordinò.
Allora i suoi scudieri ci flagellarono colle loro fruste, e ci cacciarono fuori, nella tempesta.
Non c'è, o Corea, una sola delle tue strade, un sentiero di montagna, una città fortificata, un borgo qualsiasi, che non m'abbia conosciuto! Per quarant'anni, ho vagato sul tuo suolo ed ho avuto fame, e la signora Om ha diviso con me questa miseria. Spinti alla disperazione, che cosa mai non abbiamo mangiato? Rifiuti di carne di cane che ci lanciavano sghignazzando i macellai, tninari (una specie di crescione o nasturzio acquatico, da noi raccolto nel fango delle paludi), kimchi guasto, che puzzava, e che avrebbe fatto rigettare il più robusto stomaco d'un contadino... Sì, ho. disputato gli ossi coi cani, raccattato dei chicchi di riso caduti sulla strada, rubato ai cavalli, nelle notti gelide, la loro zuppa calda di fave.
Tuttavia, non dovete meravigliarvi che non sia morto. Due cose mi sostenevano: la presenza della signora Om al mio fianco; poi la fede certa che verrebbe un giorno in cui avrei potuto strangolare Chong-Mong-ju.
L'avevo dapprima cercato a Keijo, ma le porte della città m'erano vietate. Sapevo tuttavia che, con della pazienza, avremmo finito col ritrovarci.
Per quarant'anni, vagammo sul suolo della Corea; e tutti ormai ci conoscevano, e sapevano quale