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JACK LONDON
Tutti gii sforzi che tentai per sfuggire alla mendicità, furono frustrati dall'odio tenace di Chong-Mong-ju. A Song-ho feci il facchino di combustibili e condividemmo, fra noi due, una capanna, che, contro i rigori dell'inverno, era appena un po' migliore della strada. Chong-Mong-ju ci snidò di là. Fui battuto, messo alla gogna, e ributtato sulla strada. Fu un inverno orribile, terribilmente freddo, durante il quale il povero Vandervoot — « Che cos'altro ancora? » — morì gelato, nelle vie di Keijo.
A Pyeng-yang, mi trasformai in portatore d'acqua. Perchè dovete sapere che questa antica città, le cui mura sono contemporanee del re Davide, era considerata dai suoi abitanti come fluttuante, al pari d'un vascello, sopra l'acqua. Scavare un pozzo dentro la sua cinta, voleva dire rischiar di sommergerla. Perciò, dal mattino alla sera, migliaia di schiavi, con dei secchielli sospesi all'estremità d'un giogo appoggiato sulla loro nuca, erano occupati a far la spola dalla città al fiume vicino, e viceversa. Mi feci assumere come portatore d'acqua, ed esercitai questo mestiere, fino a quando Chong-Mong-ju mi scoperse. Fui nuovamente battuto, cacciato da Pyeng-yang, e rimesso sulla strada.
E sempre così. Nella lontana città di Wiju, feci il macellaio di cani. Ammazzavo le bestie, pubblicamente, davanti alla mia baracchetta aperta a tutti i venti. Poi tagliavo e vendevo la carne, stendendo le pelli per terra, in piena strada, col lato sanguinante di sopra, e lasciando la cura di conciarle ai piedi sudici dei compratori e dei passanti. Chong-Mong-ju mi scoprì, e dovetti ancora fuggire.
Fui garzone tintore a Pyonhan, cercatore d'oro nei giacimenti di Kang-Wun, fabbricante di corde a Chiksan. Intrecciai cappelli di paglia a Padok, falciai l'erba a Whang-hai. A Masempo mi collocai, o piuttosto mi vendetti ad un piantatore di riso.