Stai consultando: 'Il Vagabondo delle Stelle ', Jack London

   

Pagina (190/312)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (190/312)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   m
   nai e il loro capitano; e indietreggiarono, impaurite, gridando. Soltanto la signora Om non parve turbata e ricomincị a fissare i miei occhi, rivolti verso i suoi.
   Vi fu un pesante silenzio, come se tutti attendessero qualche parola fatidica. Tutti gli occhi correvano furtivamente dall'Imperatore a me, e da me all'Imperatore. Io rimanevo immobile, fortunata^ mente senza perder la testa, immobile e muto, a braccia incrociate.
   Infine l'Imperatore parḷ.
   — Conoscete la nostra lingua... — disse semplicemente.
   Tutta la sala era in ansietà. Si sentiva palpitare • il respiro in tutti i petti.
   Io non sapevo che cosa rispondere, e da buon marinaio burlone, mi afferrai alla prima idea che mi venne in mente.
   — Questa lingua, — dichiarai, — è la mia lingua nativa.
   L'Imperatore parve meravigliato, e impressionato ad un tempo. Fece una smorfia e le sue labbra si contrassero. Poi mi disse:
   — Spiegatil
   — Questa lingua ̣ la mia lingua nativa. La parlavo appena uscito dal seno di mia madre, e la mia saggezza precoce meravigliava tutti quelli che mi avvicinavano. Poi fui un giorno rapito da pirati, in un paese lontano, dove compii la mia educazione. Dimenticai le mie origini. Ma, appena ebbi rimesso piede sul suolo coreano, riparlai spontaneamente il mio antico linguaggio. Sono Coreano di nascita, e soltanto adesso mi sento nel mio paese.
   Vi furono, fra i presenti, dei mormorii svariati e dei colloqui. L'imperatore interrog̣ Kim.
   Questo eccellente uomo non esiṭ ad appoggiare quel che avevo detto, e non temette di mentire in mio favore.