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JACK LONDON
ra, e sembravano piuttosto delle tartarughe, tanto si appiattivano.
I muri di pietra del palazzo erano formidabili e coperti di sculture complicate. Erano cosi robusti che potevano sfidare ad aprirvi una breccia i più potenti cannoni di un esercito assediante. La Porta principale era da sola un monumento. Somigliava ad una pagoda, e ad essa eran sovrapposti numerosi piani, coperti ciascuno da un tetto di tegoli, che diminuivano di larghezza fino alla cima. Dei soldati riccamente equipaggiati montavano la guardia davanti a questa grande porta. Erano, mi confidò Kim, quelli elle si chiavamano i « cacciatori di tigri », cioè i guerrieri più valorosi e più terribili, di cui andava orgogliosa la Corea.
Ma basta. Mi occorrerebbero un migliaio di pagine per descrivere degnamente il Palazzo dell'Imperatore. Dirò soltanto che avevamo davanti a noi la più magnifica materializzazione del potere che ci fosse dato di contemplare. Soltanto un'antica e forte civiltà era stata capace di elevare quelle mura interminabili e orgogliose, quei tetti meravigliosi, dai pinnacoli innumerevoli.
Noi, vecchi lupi di mare, non fummo condotti ìd una Sala d'udienza, ma direttamente in una Sala da pranzo, dove ci attendeva l'Imperatore.
II banchetto era alla ffne e la folla degli invitati era d'umore giocondo. Che folla formicolante e superba! Alti dignitari, Principi del sangue, Nobili colla spada, Sacerdoti dal volto pallido, Ufficiali superiori dalla pelle abbronzata, Dame di corte a viso scoperto, Ballerine imbellettate che si riposavano, sedute per terra, dalle loro danze, Dame d'onore, governanti, eunuchi, servitori e schiavi.
Tutta questa folla ci fece largo, quando l'Imperatore, accompagnato dai suoi famigliari, si avanzò per esaminarci. Era, specialmente per un Asia-