Stai consultando: 'Il Vagabondo delle Stelle ', Jack London

   

Pagina (182/312)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (182/312)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   182-4
   JACK LONDON
   saggio di un circo. La notte, gli alberghi in cui alloggiavamo erano assediati da una moltitudine avida di contemplarci. Non avevamo un po' di riposo che quando i soldati respingevano questa moltitu-dinee a colpi di lancia e con molti spintoni. Prima, Kim faceva chiamare gli uomini più forti, i lottatori più rinomati, e si divertiva enormemente, come la folla, a vedermeli sbaragliare e abbattere nella polvere, gli uni dopo gli altri.
   Il pane non si conosceva, ma avevamo in abbondanza del riso bianchissimo (eccellente per 1 muscoli e del quale io risentii a lungo il benefizio), come pure una carne, che scopersi subito essere carne di cane, animale che è regolarmente abbattuto nelle macellerie coreane. Il tutto era condito con spezie fortissime, ma che finirono col piacermi molto. Per bevanda, avevamo un altro liquido bianco, ma limpido, che dava rapidamente alla testa, che proveniva dalla distillazione del riso, e del quale una pinta sarebbe bastata ad uccidere un uomo poco in gamba, mentre eccitava meravigliosamente un uomo forte, al punto di renderlo quasi folle.
   A Chong-ho, città fortificata che attraversammo, vidi, in seguito ad una bevuta esagerata di questo liquore, Kim ed i notabili coreani rotolare sotto la tavola. Dovrei dire sopra la tavola, perchè questa non era altro che il pavimento, su .cui eravamo ae-cucciati dove, per la centesima volta, mi sentii prendere per i garretti da crampi feroci.
   Anche qui, tutti mormoravano : « Yi-Young-ik! »; e, alla stessa Corte dell'Imperatore, la gloriosa fama mi precedette.
   Non avendo veramente più nulla d'un prigioniero, cavalcavo sempre ai fianchi di Kim, colle mie lunghe gambe che toccavano quasi terra. Quando la strada diventava fangosa, i miei piedi grattavano la mota. Kim era giovane. Kim era un uomo uni-