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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Il, VAGABONDO DELLE STELLE 179
   nando a combattere, per difendere il loro signore e padrone, si buttarono sopra di me, talmente numerosi, che i miei movimenti erano impossibili. Quelli che erano dietro, spingevano quelli davanti. Non cessai di picchiare e di seminare il suolo di nemici.
   Finalmente mi soffocarono sotto il numero e, come gli altri, fui messo alla gogna.
   Ci caricarono tutti, colle nostre gogne, sopra una delle giunche, e ci rimettemmo in cammino.
   — Buon DioI — interrogò Vandervoot, — che cosa ancora ci aspetta? che cosa ancora?
   Pigiati come del pollame, in giorno ii mercato, eravamo penosamente seduti sul ponte, gli uni a fianco agli altri. Proprio nel momento in cui Vandervoot fece la sua domanda, la giunca s'inchinò fortemente sotto il vento, e noi rotolammo tutti, confusamente, colle nostre tavole al collo, verso il lato opposto, tutti pesti e col collo scorticato.
   Kwan-Yung-Jim, dal cassero in cui si trovava, volse gli occhi verso di noi, facendo mostra di non vederci. Quanto a Vandervoot, da quel momento in poi, non fu più conosciuto fra noi che col nomignolo-ritornello : « Che cosa ancora, Vandervoot? » Povero diavolo! Morì, gelato, una notte, nelle strade di Keijo, senza trovare una porta che 3i aprisse davanti a lui.
   Fummo sbarcati sul continente, dove ci gettarono in una prigione puzzolenta, infetta di pidocchi.
   Questa fu la nostra entrata nel suolo coreano, e il nostro primo contatto coi funzionari di quel paese. Ma io dovevo, per tutti i miei compagni, prendere una gloriosa rivincita su Kwan-Yung-Jin, il giorno in cui, come vedrete, la signora Om ebbe delle bontà per me, ed il potere fu mio.
   Rimanemmo in questa prigione molti giorni. Kwan aveva inviato un messaggero a Keijo, la ca-