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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IL VAGABONDO DELLE ^STELLE 165
   — Sogni d'oppio!
   Poi, dopo un silenzio, riprese:
   — Quand'ero garzone di scuderia, una volta, ho fumato dell'oppio. Posso dirti, Standing, che ho visto allora tante cose più strane delle tue. M'immagino che sia il trucco che adoperano i romanzieri per montarsi la fantasia.
   Invece, Morrell era della mia opinione. Non dubitava affatto di quello che raccontavo. I risultati, però, erano diversi, in lui, da quelli che ottenevo io. Quando il suo corpo (mi spiegava) moriva nella camicia di forza, egli restava Edoardo Morrell. Non risaliva mai ad esistenze anteriori. Quando la sua anima era liberata dalla materia, vagava sempre nel tempo presente. In queste condizioni, gli era dato di contemplare la sua spoglia, sul pavimento della cella, poi di vagare attraverso Sari Francisco e di vedere quello che succedeva. Così, aveva visitato due volte sua madre, e tutt'e due le volte l'aveva trovata addormentata.
   Ma egli non aveva nessun potere sulle cose materiali. Non poteva nè aprire nè chiudere una porta, nè spostare un oggetto, nè manifestare la sua pre senza con qualche rumore o in altro modo. Le stesse cose materiali, a loro volta, non avevano nessun potere sopra di lui. Muri e porte non erano per lui degli ostacoli. Egli era unicamente spirito e pensiero.
   — In una di queste passeggiate a San Francisco, — ci raccontò, — appresi, da una nuova insegna attaccata davanti alla bottega di commestibili, che faceva angolo col fabbricato abitato da mia madre, che questa bottega aveva cambiato proprietario. Soltanto sei mesi dopo, potei inviare a mia madre ima lettera, e m'informai se quello che avevo constatato era esatto. Mi rispose che effettivamente la bottega di commestibili era passata in altre mani.