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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Il, VAGABONDO DELLE STELLE
   163
   _ Vedete bene! — disse il capitano Jamie.
   Sì, sì, bene imitato! — si ostinò il direttore Atherton. — Quest'uomo ha dell'ostinazione, lo riconosco. E un magnifico simulatore!
   — Le vostre parole sono d'oro, direttore, — mormorai, sdraiato per terra. — L'ho fatto apposta. E una caduta da commedia. Rialzatemi, e ricomincerò. Vi prometto di farvi ridere quanto volete...
   Non mi dilungherò sulla tortura che provai, come le volte precedenti, in seguito al ritorno della circolazione del sangue. Era già per me una vecchia storia, che regolarmente si ripeteva ogni volta. I segni indelebili che questa acuta sofferenza ha lasciato sul mio viso, li porterò fin sulla forca.
   Quando, finalmente, mi lasciarono solo, restai disteso per terra tutto il resto della giornata, inebetito, in stato semi-comatoso. C'è una specie di anestesia del dolore, prodotta dal dolore stesso e dal suo eccesso. Ho conosciuto questa anestesia.
   Verso sera, riuscii a trascinarmi, qua e là, sul pavimento della mia cella, senza potermi tenere in piedi. Bevetti molta acqua, — come il piccolo Jesse assetato, disteso sulla sabbia ardente. Fu soltanto il giorno dopo che, con uno sforzo potente della mia volontà, mi decisi e riuscii a mangiare l'orribile pane che m'avevano lasciato.
   Il programma del direttore Atherton non era cambiato. Permettermi di riposare e di ricuperare un po' di forza, per qualche giorno; poi, se non confessavo dov'era nascosta la dinamite, rimettermi, per dieci giorni, nella camicia di forza.
   Egli stesso me l'aveva ripetuto, ed io gli avevo semplicemente risposto :
   — Mi duole proprio, con tutto il cuore, di cagionarvi tanto disturbo, signor direttore. Peccato che io mi ostini ancora a vivere! La mia morte vi libe rerebbe di tutti i fastidi. Che volete farci? Se io non muoio, non è proprio colpa mia.