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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   162-4
   JACK LONDON
   re Atherton. — Non vi serviranno a niente! Non so che cosa mi trattenga dal picchiarvi, voi che battete tutti i « records » della camicia di forza!
   — Il fatto si è, — intervenne il dottore Jackson,
   — che io non ho mai inteso parlare di un uomo che sorride, dopo dieci giorni di camicia di forza.
   — È un bluff! lo ripeto... — ribattè il direttore.
   — Slegalo, Hutchins.
   Mormorai a bassa voce, perchè la vita in me era diventata cosi debole, che mi occorreva adunare il poco di forze che mi restavano, e aggiungervi tutta la mia volontà:
   — Perchè tanta fretta, direttore? Non ho nessun treno da prendere... E mi trovo così comodo nella mia situazione, che preferisco mille volte non esser disturbato.
   Tuttavia mi slegarono e mi rotolarono sul pavimento, fuori della fetida camicia di forza, come un pacco inerte e impotente.
   Il capitano Jamie si chinò sopra di me.
   — Non mi meraviglio, — disse, — che si trovasse bene là dentro. Non sente niente. E paralizzato.
   — Paralizzato come la vostra vecchia nonna! — sogghignò il direttore. — Vi dico che si tratta di un bluff! Mettetelo un po' in piedi e vedrete se non si regge.
   Hutchins e il dottore riunirono i loro sforzi per raddrizzarmi.
   Quando fu fatto, Atherton comandò :
   — Adesso, lasciate andare!
   La vita non aveva potuto, naturalmente, tornare d'un solo colp-^ nel mio corpo, che, per dieci giorni, era stato come morto. Il risultato fu che, non essendo padrone della mia materia, vacillai sulle ginocchia, barcollai a destra ed a sinistra e, finalmente, andai a sbattere la fronte contro il muro della mia cella.