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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IL VAGABONDO DELLE ^STELLE
   151
   muni bravate, e mi fece un sermone in tutta regola. Ma non ricevetti nessuno schiaffo. Essa aveva certo compreso che mio padre, — il quale, durante questo sermone, mi strizzava l'occhio, dietro a lei. — non avrebbe tollerato che mi battesse. Era la pri ma volta, in vita mia, che fra me e mio padre si manifestava una comunione di sentimenti intimi.
   Quando fummo di ritorno nella grande fossa, Jed ed io fummo esaltati come eroi.- Le donne, colle lagrime agli occhi, ci colmavano di benedizioni e si gettavano sopra di noi, coprendoci di baci.
   Io apprezzavo poco, pur sentendomi lusingato nel mio orgoglio, l'esuberanza di queste dimostrazioni. Ma, quando Geremia Hopkins, che aveva il suo moncone di braccio avvolto da bende, dichiarò che Jed ed io eravamo di quella buona stoffa con cui si fanno gli uomini valorosi, allora il mio cuore si gonfiò.
   Per tutto il resto della giornata, fui molto disturbato dall'infiammazione del mio occhio destro, prodotta dalla sabbia che era stata fatta schizzare dalla palla. Mia madre lo esaminò e dichiarò che era tutto iniettato di sangue. Quanto a me, lo tenessi aperto o chiuso, soffriva lo stesso. Cosi, appena l'aprivo, tornavo a chiuderlo.
   La situazione era un po' migliorata, nella gran fossa. Ognuno aveva potuto bere. E quantunque si presentasse il problema di sapere come potremmo ricominciare a procurarci dell'acqua, si tornava a sperare. Il punto nero erano le nostre munizioni. Una rivista, fatta da mio padre in tutti i carri, riuscì ad un calcolo totale di cinque libbre di polvere. Nelle fiaschette degli uomini non ce n'era quasi più.
   Pensando che l'attacco nemico sarebbe stato ripreso, come il giorno prima, al tramonto, io m'infilai nella trincea, sotto i carri, vicino a Labano.