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JACK LONDON
vette attendere, per empire i suoi secchielli, che io avessi empiti i miei.
— Adesso tocca a me! — diss'egli.
E mise tanta lentezza nella sua operazione, ohe aveva evidentemente l'idea di lasciarmi partire sg lo, per aver l'onore di restare per l'ultimo.
Io rimasi fermo, e mi appiattii a terra, aspettando che avesse terminato. Seguivo collo sguardo le nuvolette di polvere che le pallottole sollevavano intorno a noi. Finalmente riprendemmo la nostra corsa, uno a fianco all'altro.
— Non camminare così svelto! — dicevo a Jed. — Rovescierai metà della tua acqua!
La mia osservazione produsse effetto, .perchè egli rallentò sensibilmente il passo.
A metà strada, incespicai e caddi lungo disteso, a testa avanti. Una palla, ch'era picchiata per terra, proprio davanti a me, m'aveva empito gli occhi di sabbia; e per il momento mi credetti toccato.
Jed stava in piedi, vicino, e m'aspettava.
— L'hai fatto apposta! — sogghignò, mentre io mi rialzavo.
Afferrai subito il suo pensiero. Egli credeva che io mi fossi lasciato cadere volontariamente, per rovesciare l'acqua, e avere così l'onore di tornare a prenderne dell'altra.
Questa gara di coraggio fra noi diventava una cosa seria. Tanto seria, che io non volli dargli una smentita e tornai, correndo, verso la sorgente. E Jed Durham, a dispetto dei proiettili che sollevavano la polvere intorno a lui, restò in piedi, diritto allo stesso posto, allo scoperto, aspettandomi.
Tornammo a raggiungere, uno vicino all'altro, i carri. Ma, quando arrivammo, soltanto io avevo i miei serchielli pieni. Una palla aveva bucato, vicino al fondo, uno dei secchi di Jed.
Mia madre se la prese con me, per le nostre co-