Il, VAGABONDO DELLE STELLE
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diedero per il piccino, mi umettò la bocca. Masticai la pezza bagnata, e per lei non restò niente.
Nel pomeriggio, la situazione peggiorò ancora. Il sole implacabile continuava a sfolgorare, in un cielo senza nubi e senza vento, e trasformava la nostra fossa di sabbia in una fornace. I colpi di fucile non cessavano di crepitare intorno a noi, e gli Indiani di gettare i loro gridi laceranti. Solo ogni tanto, mio padre autorizzava i nostri a tirare qualche colpo, e soltanto i migliori tiratori, come Laba-no e Timoteo Grant.
Frattanto uria scarica ininterrotta di piombo si abbatteva sull'accampamento. Non vi furono rimbalzi troppo perigliosi. Quattro soltanto dei nostri uomini furono feriti nella loro trincea, ed uno sole gravemente.
Durante una pausa della fucileria, mio padre scese nella grande fossa e, senza dire una parola, si sedette vicino a mia madre ed a me. Ascoltava, col viso contratto, tutti i lamenti, tutti i singhiozzi di tanti infelici che reclamavano l'acqua. Poi si alzò e andò ad ispezionare il pozzo. Non ne riportò che della sabbia umida, con cui fece un cataplasma che applicò sul petto e sulle spalle d'un ferito, che si lamentava più forte degli altri.
Dopo di che, si diresse verso Jed e verso sua madre, e mandò a cercare nella trincea il padre di Jed. Eravamo talmente stretti gli uni contro gli altri, che era impossibile fare un movimento nella grande fossa, senza le maggiori precauzioni, per non calpestare quelli che erano sdraiati.
— Jesse, — mi chiese, — hai paura degli Indiani?
Crollai il capo energicamente, indovinando che
ero destinato ad un'altra missione, non meno gloriosa della precedente.
— Jesse, —¦ continuò, — hai paura di quei cani di Mormoni?