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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   134-4
   JACK LONDON
   Volli alzarmi. Ma subito mia madre, che stava vestendosi, mi costrinse, colla forza della sua mano, a sdraiarmi di nuovo. Mio padre era già alzato; e, sceso dal carro, esaminava la situazione.
   Corse rapidamente verso di noi, gridando:
   — Fuori tutti, presto- A terrai
   Senza perder tempo, mi afferrò rudemente con una mano, come un uncino, e mi gettò verso l'estremità del carro, da cui saltai a terra.
   Fui subito seguito da mio padre, mia madre, e il fratellino.
   — Scava, Jessel — gridò mio padre. — Fa come me!
   Imitandolo, mi scavai una buca nella sabbia, a riparo d'una ruota del carro. Grattavamo colle mani, con una furia selvaggia, e mia madre faceva lo stesso.
   — Sbrigati! — gridava mio padre. — Jesse, fa la tua buca più profonda che puoi!
   Poi s'alzò e s'allontanò, nella luce grigia dell'alba, e lo vidi che correva, dando degli ordini :
   — A terra! Riparatevi dietro le ruote dei carri! Scavate delle trincee nella sabbia! Fate uscire dalle vetture le donne e i ragazzi! Cessate il fuoco! Tenete pronti i fucili, e praparatevi a respingere l'assalto, se verrà! I celibi vengano con me e Labano! Non alzatevi... Avanzate strisciando!
   Ma l'attacco non venne. Per un quarto d'ora, il fuoco dei nostri nemici continuò, più o meno regolare e nutrito. Ne soffrimmo specialmente nei primi momenti della nostra sorpresa, quando i proiettili raggiunsero quelli fra i nostri uomini che, già alzati, accendevano i fuochi, la cui luce li illuminava.
   Gli Indiani (poiché si trattava d'Indiani, come ci disse Labano) non avevano osato avvicinarsi, e tiravano contro di noi a buona distanza, sdraiati a