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JACK LONDON
Volli alzarmi. Ma subito mia madre, che stava vestendosi, mi costrinse, colla forza della sua mano, a sdraiarmi di nuovo. Mio padre era già alzato; e, sceso dal carro, esaminava la situazione.
Corse rapidamente verso di noi, gridando:
— Fuori tutti, presto- A terrai
Senza perder tempo, mi afferrò rudemente con una mano, come un uncino, e mi gettò verso l'estremità del carro, da cui saltai a terra.
Fui subito seguito da mio padre, mia madre, e il fratellino.
— Scava, Jessel — gridò mio padre. — Fa come me!
Imitandolo, mi scavai una buca nella sabbia, a riparo d'una ruota del carro. Grattavamo colle mani, con una furia selvaggia, e mia madre faceva lo stesso.
— Sbrigati! — gridava mio padre. — Jesse, fa la tua buca più profonda che puoi!
Poi s'alzò e s'allontanò, nella luce grigia dell'alba, e lo vidi che correva, dando degli ordini :
— A terra! Riparatevi dietro le ruote dei carri! Scavate delle trincee nella sabbia! Fate uscire dalle vetture le donne e i ragazzi! Cessate il fuoco! Tenete pronti i fucili, e praparatevi a respingere l'assalto, se verrà! I celibi vengano con me e Labano! Non alzatevi... Avanzate strisciando!
Ma l'attacco non venne. Per un quarto d'ora, il fuoco dei nostri nemici continuò, più o meno regolare e nutrito. Ne soffrimmo specialmente nei primi momenti della nostra sorpresa, quando i proiettili raggiunsero quelli fra i nostri uomini che, già alzati, accendevano i fuochi, la cui luce li illuminava.
Gli Indiani (poiché si trattava d'Indiani, come ci disse Labano) non avevano osato avvicinarsi, e tiravano contro di noi a buona distanza, sdraiati a