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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Il, VAGABONDO DELLE STELLE 133
   ti, altri i carri. Fino a notte, vi fu molto ferro arrossato al fuoco, molti colpi dė martello, molte viti e chiavarde serrate. ,
   Essendo andato verso Labano, lo trovai seduto per terra, a gambe incrociate, all'ombra di un carro. Era occupato a cucirsi un paio di stivali, e tirava l'ago senza posa. Era il solo uomo della nostra carovana che portasse degli stivali con gambali in pelle di daino e, mentre rievoco oggi i miei ricordi, non ho l'impressione che egli facesse parte della nostra carovana quando lasciammo l'Arkansas. Da dove proveniva? Lo ignoro. Egli non aveva nč moglie, nč famiglia, nč carro che gli appartenesse. Non possedeva che il suo cavallo e il suo fucile, i vestiti che portava, e le sue due coperte in cui si avvolgeva la sera; e che, di giorno, metteva sopra un carro.
   La mattina dopo, successe il grande disastro.
   Dopo due giorni di viaggio di lā dal paese dei Mormoni, persuasi che non si trovassero Indiani, avevamo, come ho detto, trascurato di formare il circolo completo dei nostri carri, ed avevamo lasciato il bestiame pascolare in libertā, senza nessuno a custodirlo.
   Il mio risveglio fu simile ad un incubo imprevisto. Fu come uno squillo acuto di tromba, che mi fece sussultare e mi lasciō stupefatto per qualche istante.
   Rimasi come inebatito, identificando, man mano che uscivo dal mio torpore, gli svariati rumori, che concorrevano nel loro insieme a formare uno spaventoso frastuono : spari, vicini e lontani, di fucilate; gridi e ingiurie di uomini; clamori acuti a? donne e strilli di ragazzi. Ben presto, udii il fischio delle pallottole, che urtavano contro il ferro delle ruote e il legno dei carri.
   (Compresi che quelli che tiravano sopra di noi miravano troppo basso,