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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   barba da parecchi giorni, e il suo pelo era duro e
   grigio.
   Aveva una bocca larga e stringeva le labbra, come quelli che han perduto i denti davanti. Aveva un grosso naso, spesso e massiccio. L'insieme della sua faccia era largo e quadrato, cogli zigomi molto sporgenti, e delle borse di carne gli pendevano a destra ed a sinistra della bocca. Dominante tutto, la fronte era intelligente e vasta, e gli occhi, piuttosto piccoli, assai distanti uno dall'altro, erano del più puro azzurro che avessi mai visto.
   Il risultato del colloquio fu, una volta ancora, negativo, e noi tornammo all'accampamento a mani vuote. Cammin facendo, Labano disse a mio padre:
   — Avete visto quell'uomo dalla faccia glabra?
   Mio padre accennò di sì col capo.
   — Ebbene, — riprese Labano, — egli è Lee. L'avevo già incontrato al Lago Salato. È un birbante matricolato. Ha diciannove mogli e cinquanta figli. E un fanatico della sua religione. Per quale ragione ci segue, così, attraverso questo paese abbandonato da Dio?
   Il nostro cammino, eterno e fatidico, riprese all'indomani. Dappertutto, dove l'acqua e il suolo uiì po' più fertile lo permettevano, si trovavano delle piccole colonie, separate una dall'altra da distanze che variavano fra venti e cinquanta miglia. In m«z-zo, si stendeva l'arido e secco Deserto, tutto sabbia e ciottoli.
   A ciascuna di queste colonie, noi chiedevamo amichevolmente dei viveri. Regolarmente, ci venivano rifiutati, e ci si chiedeva duramente chi fra noi avesse venduto del cibo agli eletti del popolo del Signore, quand'erano stati cacciati dal Missurl. Era perfettamente inutile, da parte nostra, spiegare che noi eravamo dell'Arkansas e non del Missurì. Questa era la verità, ma essi si ostinavano a pretenderà il contrario.