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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   126-4 JACK LONDON
   Non un abitante del posto assistè alla nostra partenza. Preferirono rimanere tutti chiusi nelle loro case. Cosi la nostra partenza parve altrettanto sinistra com'era stato il nostro arrivo, al tramonto del giorno precedente.
   Tornarono a succedersi le ore interminabili, sotto il sole di piombo e la polvere che ci mordeva» gli occhi, su questa terra maledetta, sparsa di rari cespugli. In tutta la giornata, non incontrammo nessuna abitazione umana, nè bestiame, nè traccia di coltivazione, nè un segno qualsiasi di vita. A notte cadente, ci fermammo, come il giorno prima, formando il nostro circolo di carri vicino ad un ruscello asciutto, dove ricominciammo a scavare nella sabbia numerose buche, che lentamente si empirono d'acqua che trasudava.
   Parecchie volte si rinnovarono simili tappe, seguite da fermate uguali, in cui i carri incatenati formavano sempre un cerchio per la notte. Questo viaggio sembrava, al mio spirito infantile, oltremodo fastidioso. E sempre più continuava e si accresceva quella stessa impressione, che il destino ci spingesse,implacabile e fatidico, sospendendo sulle nostre teste i suoi pericoli sconosciuti.
   Facevamo, in media, quindici miglia al giorno. Lo sapevo, perchè mio padre aveva defto che c'erano sessanta miglia fino a Fillmore, la prossima colonia di Mormoni. Ciò voleva dire quattro giorni di viaggio.
   A Fillmore gli abitanti ci furono ostili, com'erano stati dappertutto, dopo il Lago Salato. Ci prendevano in giro, mentre tentavamo di parlamentare per comprare dei viveri. (Ci insultavano vivamente, trattandoci di « Missuriani ».
   Quando facemmo la nostra entrata in questa lo calità, notammo, attaccati davanti alla più importante fra la dozzina di case che formavano la colo-