[L VAGABONDO DELI.E STELLE
113
guivamo alla loro base, fatta di sabbia e di ciottoli, e seminata di rocce.
Dappertutto l'acqua mancava; non ce n'era nessun indizio. Soltanto alcuni burroni, le cui rocce erano ancor più nude, ricordavano le antiche piogge torrenziali che li avevano lavati.
Il nostro carro era l'unico che fosse tirato da cavalli. Gli altri, che formavano una lunga fila, simile ad un grande serpente, e che mi appariva intera quando la strada descriveva qualche curva, erano tirati da buoi. Occorrevano tre o quattro coppie di questi animali, per muovere, con fatica e lentezza, ogni carro.
Avevo contato, in una curva, il numero di quelli che precedevano o seguivano il nostro. In tutto erano quaranta, compreso il nostro. Ricominciai il conto, ad ogni nuova curva, — distrazione infantile per cacciare la noia, — e rivedevo sempre i quaranta grossi veicoli coperti di tela, pesanti e massicci, grossolanamente costrutti, che barcollavano e rotolavano, stridendo, sulla sabbia e le pietre, fra i cespugli di salvia, le erme rade e appassite, e le rocce.
A destra ed a sinistra della carovana, fiancheggiandola, camminavano dodici o quindici giovanotti. Attraverso le selle erano appoggiate le loro lunghe carabine. Ogni volta che uno di loro si avvicinava al nostro carro, potevo vedere distintamente i suoi lineamenti contratti ed inquieti, simili a quelli di mio padre che, com'essi, teneva a portata di mano una lunga carabina.
Questi cavalieri avevano un pungolo, di cui si servivano per stimolare i buoi attaccati, che sbuffavano. Una ventina, o più, di questi animali scheletriti e zoppicanti, colla testa scorticata dal giogo, erano stati staccati. .Si fermavano, ogni tanto, pe
il vagabondo delle stelle,