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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   [L VAGABONDO DELI.E STELLE
   105
   golarmente. Se in quel momento avessi desiderato qualche felicità, l'avrei scoperta nella cessazione delle mie sofferenze fisiche.
   Mi trovavo, moralmente, in uno stato molto simile a colui che si trova sulle frontiere della veglia e del sonno. Mi sembrava pure che il mio cervello si dilatasse in_ modo prodigioso nella mia scatola cranica, la quale, invece, non s'ingrandiva. Avevo, f a momenti, negli occhi, dei bagliori di luce, simili , a lampi.
   Questa dilatazione del mio cervello mi rendeva molto perplesso. La sua periferia mi sembrava non soltanto superare il ricettacolo del mio cranio, ma continuare ad estendersi.
   Simultaneamente, si spiegavano intorno a me il tempo e lo spazio. Avevo gli occhi chiusi, e tuttavia avevo la coscienza che i muri della mia cella si fossero allontanati, al punto ch'essa formava adesso una vasta sala. Pensai, per un secondo, che se i muri della- prigione avessero fatto lo stesso, dovevano arrivare ben al di là di San Quintino e prolungarsi, da una parte, fino all'Oceano Pacifico, e dall'altra fino alle Montagne Rocciose.
   Pensai pure, e questo mi diverti, che se la materia poteva penetrare la materia, i muri della cella potevano pure penetrare quelli della prigione, passarvi attraverso, e che mi troverei, così, automaticamente, in libertà.
   L'estensione del tempo non era meno notevole. Il mio cuore non batteva che a lunghi intervalli. Mi prese la fantasia di contare i secondi fra ogni pulsazione. Lo feci con sicurezza e precisione, e calcolai, fra una e l'altra, fino a cento secondi. Poi mi parve che questi intervalli si allontanassero smisuratamente, tanto che mi stancai del calcolo.
   In questo mezzo sogno in cui mi trovavo, un problema imprevisto venne improvvisamente a porsi