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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   segno, ehe era al suo parossismo. Mi sentivo in eccitante forma per rischiare la grande prova.
   /Cominciai a concentrare verso di essa tutti i miei pensieri. Malgrado le punture che, in seguito al fermarsi normale della circolazione, sentivo in tutto Il eorpo, e l'intorpidimento che ne risultava, diressi la mia volontà verso il pollice del mio piede destro. Volli ehe esso morisse, non per se stesso, ma per la sola volontà che gli comandavo, il che era una cosa diversa. Ed esso morì.
   Fatto ciò, il resto, come m'aveva detto Morrell, fu facile. L'operazione fu lenta, lo riconosco. Ma, un dito dopo l'altro, le dieci dita dei miei piedi cessarono d'essere. Poi, membro per membro, giuntura per giuntura, la morte progressiva continuò.
   Essa salì prima dalle dita al collo del piede, poi fino alle gambe ed ai ginocchi. Tale era la fissità del mio pensiero, e la sua perfetta esaltazione, che non conobbi nemmeno la gioia del successo. Avevo una sola preoccupazione. Ordinavo al mio corpo di morire, ed esso obbediva. Mi dedicai al mio compito eon eura meticolosa.
   In capo ad un'ora, la morte ascendente aveva raggiunto i miei fianchi, ed io continuavo a volere che salisse ancora.
   Quando raggiunse il livello del cuore, il mio essere eosciente cominciò ad oscurarsi, e fui preso da vertigini. Temendo che si smarrisse completamente, indirizzai la mia volontà verso il cervello, che si rischiarò di nuovo. Poi ricominciai a ordinare di morire alle mie spalle, alle mie braccia, alle mani e alle dita delle mani. Quest'ultima fase si compì rapidamente.
   Non c'era più allora di vivente, nei mio corpo, che la mia testa ed una piccola parte del petto. Il battito del mio cuore s'era estinto ed i suoi colpi di martello erano cessati. Batteva debolmente, ma re-