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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   Fui effettivamente avvolto e allacciato come non ero stato mai.
   L'uomo di fiducia mi provò, senza discussione possibile, la sua abilità,. Cercai, come al aolito, di guadagnare il maggiore spazio possibile. Ma, da parecchio tempo, ero cosi spogliato di carne, i miei muscoli erano così ridotti a fibre talmente amorfe, che fui incapace di realizzare gran che. Il poco che risparmiai, lo ottenni con una specie di gonfiamento delle giunture, a tutte le articolazioni delle ossa della mia carcassa. Ma in gran parte fui giuocato da Hutchins, che aveva, per esperienza propria, imparato tutte le astuzie della camicia di forza.
   Eppure quel miserabile èra stato un uomo. Ma l'avevano spezzato negli ingranaggi della prigione, e tutto il suo morale s'era spento in lui. I suoi dieci o dodicimila dollari e la libertà in vista, avevano fatto di lui lo schiavo del direttore. Ho saputo, più tarui, che aveva pure una moglie, che gli era rimasta fedele e che lo aspettava. Il fattore femminile spiega molte azioni dell'uomo, e fra le più brutte.
   Fu, in realtà, un vero assassinio, compiuto con deliberato proposito, quello di cui Hutchins si rese colpevole verso di me. Col piede sulla mia schiena, tirava il laccio, sempre un po' più; si fermava, poi tirava ancora. Mi pareva che la mia carcassa dovesse cedere sotto quella insolita pressione, e che tutti i miei organi vitali si annientassero. Sapevo che non morirei, sì, lo sapevo, eppure mi sembrava che la morte fosse sopra di me. La testa mi girava, il sangue pulsava come per rompere le arterie e le vene, dalla punta delle dita dei piedi, fino alla radice dei capelli.
   —¦ E abbastanza stretto, — intervenne, a malincuore, il capitano Jamie.
   — Lo credo anch'io, — dichiarò il dottor Jackson.