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JACK LONDON
Dovetti spogliarmi, e quel miserabile aborto mi strappò egli stesso la camicia, incrostata di sudiciume, che portavo fin dalla mia entrata nella cella d'isolamento. Mise a nudo il mio povero corpo devastato, la cui pelle era grinzosa come una vecchia cartapecora. Era in tutti i punti straziata da piaghe e da cicatrici, provenienti dalle numerose punizioni colla camicia di forza.
L'esame fu fatto per pura formalità, con una spudorata ipocrisia.
— Resisterà? — chiese il direttore Atherton.
— SI, — rispose il dottore.
— Com'è il cuore?
— Magnifico.
— Ritenete, dottore, che possa sopportare impunemente dieci giorni consecutivi di camicia di forza*
— Certamente.
Il direttore Atherton ebbe un sogghigno.
— Ebbene, — disse, — io non lo credo. Ma questo non c'impedirà di tentare l'esperimento. A terra, Standing!
Obbedii, come sempre, allungandomi, colla faccia a terra, sulla tela distesa. Il direttore parve ruminare per un momento.
— Avvolgiti dentro! — finì coli'ordinare.
Mi sforzai ad ubbidire. Ma la mia debolezza era tale che non potei avvoltolarmi bene, e rimasi appiattito.
— Bisogna aiutarlo, — commentò il dottor Jackson.
Atherton crollò le spalle.
— Quando l'avrò finita, con lui, non ne avrà più bisogno d'aiuto, — disse. — Sta bene! Dategli una mano. Ho altro da fare, che perder qui il mio tempo.
Fui dunque legato, poi voltato sulla schiena. Fissai cogli occhi, in questa posizione, Atherton, che ara in faccia a me.