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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   [L VAGABONDO DELI.E STELLE
   85
   vanti ai miei occhi le dattilografe che battevano, sulla carta bianca, la relazione dell'adunanza.
   Pių spesso, vedevo distendersi davanti ai miei sguardi, per centinaia di miglia verso il nord e verso il sud, delle immense terre coltivabili, sotto un clima temperato, molto simile a quello della California. La flora e la fauna erano pure quelle di questo paese. E, in tutti i miei sogni, notatelo bene, era sempre questo scenario, in mezzo al quale mi trovavo.
   Di solito, camminavo molte ore, in una vettura tirata da cavalli di montagna, fra praterie di alfa, dove pascolavano delle mucche di Jersey. Arrivavo cosė a qualche villaggio, presso un torrente asciutto, e vi lasciavo la mia vettura, per prendere una ferrovia a scartamento ridotto, colla quale continuavo la mia passeggiata. E, ogni volta che m'addormentavo, tornavano nei miei sogni la stessa vettura, la stessa ferrovia, il medesimo paesaggio, gli stessi alberi, le stesse montagne, il medesimo villaggio, i soliti guadi e i soliti ponti.
   Fra questa regione di colture razionali, io dirigevo una fattoria modello, in cui installavo una colonia di capre d'Angora. Poi, ad ogni nuovo sogno, seguivo i progressi della mia azienda, secondo il tempo passato e la stagione.
   Oh, quelle pendici montuose, coperte di cespugli! Come si trasformavano, a poco a poco! Di mano in mano che le mie capre pascolavano nelle folte siepi, il suolo cominciava a diventar libero e vi apparivano dei sentieri. Rimanevano soltanto i cespugli troppo alti, che le mie capre, alzandosi sulle zampe di dietro, non potevano raggiungere. Allora, un giorno, arrivarono degli uomini, per continuare il dissodamento. Abbattevano, a colpi d'ascia, i grandi alberi, e le capre continuavano pių oltre l'opera loro.