1 fB JACK LONDON
mai pių sentito lo stesso uomo. Non parlo tanto del mio stato fisico. L'indomani mattina, quando mi slegarono, ero mezzo paralizzato e mi trovavo in un tale stato di prostrazione che i guardiani dovettero darmi dei calci nelle costole, per farmi rialzare a quattro zampe. Ma soprattutto ero trasformato moralmente e mentalmente.
Il trattamento brutale e odioso che avevo subito, mi umiliava e mi rivoltava al tempo stesso. Avevo perduto il sentimento della giustizia. Un tal modo di agire non č fatto per addolcire un uomo. L'amarezza e l'odio erano germogliati nel mio cuore; e, da allora, si sono sempre pių accresciuti coli'andar degli anni.
Quando penso, buon Dio, a tutto quello che gli uomini m'han fatto! Ero ben lontano, quella mattina, quando fui rialzato a calci, dal pensare che verrebbe un tempo in cui ventiquattr'ore di camicia di forza non sarebbe niente per me; che, terminate, cento ore di questo stesso supplizio mi troverebbero sorridere; che duecentoquaranta ore dello stesso mi farebbero ancora sorridere!
Sė, duecentoquaranta ore. Caro e tenero concittadino, sai tu che duecentoquaranta ore equivalgo no a dieci giorni e dieci notti? Tu crolli le spalle, dichiarando che in nessuna parte del mondo civile, millenovecento anni dopo la venuta di Cristo, simili orrori succedono. Non ti domando di credere. Non lo credo io stesso. So soltanto che io li ho subiti a San Quintino, e che sono sopravvissuto, per burlarmi dei miei carnefici e costringerli a sbarazzarsi di me, coll'aiuto d'una corda e d'una forca; col pretesto che io, con un pugno, ho fatto sanguinare il naso ad uno di loro. Scrivo queste righe nell'anno di grazia 1913; e, in questo stesso anno, ci sono, nelle celle di San Quintino, altri uomini, sdraiati e legati, come fui io, nella camicia di forza.