IL VAGABONDO DELLE STFI.LE
57
— La Torre di Davide... — disse il missionario a mia madre.
— No! — esclamai in tono di sicurezza.
— Pretendi forse che non si chiami cosi? — chiese il missionario.
Feci un cenno affermativo col capo.
— Allora, ragazzo mio, come si chiama?
— Il suo nome... — cominciai.
Ma non potei continuare e, balbettanto, aggiunsi :
— L'ho dimenticato...
Tacqui un istante, ripresi in mano la fotografia, e dichiarai :
— Questa torre non è più come una volta. L'hanno molto cambiata.
A questo punto, il missionario tese a mia madre un'altra fotografia.
— Ecco, — disse, — dov'ero sei mesi fa.
E facendo segno col dito :
— Questa è la porta di Giaffa. Vi son passato sotto, per salire, di là, alla Torre di Davide. Le autorità competenti sono d'accordo su questa identificazione. Si chiamava E1 Kulah...
Qui, interruppi nuovamente e, indicando sul lato sinistro della fotografia dei pilastri in muratura rovinati, dissi:
— No, la porta di cui parlate era là. Il nome che avete detto è quello che le davano gli Ebrei. Al mio tempo, si chiamava diversamente. Si chiamava... Ho dimenticato anche questo nome.
— 'Sentite un po' quasto ragazzo! — esclamò mio padre, ridendo. — Non si direbbe che vi sia stato davvero?
Crollai il capo, senza rispondere, perchè sapevo bene, benché tutto mi sembrasse diverso da quel che avevo visto, che c'ero realmente stato.
Mio padre rideva sempre, a crepapelle. Quanto al missionario, pensava che io volessi burlarmi di lui.