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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   Questa mosca era evidentemente un essere malinconico, un carattere triste. Aveva, come gli ospiti umani della prigione, del rancore contro questo basso mondo. E tuttavia era robusta e in eccellente salute. La studiai con cura, ed a lungo; e posso assicurare che la sua avversione ad ogni divertimento era una questione di carattere morale e non di natura fisica.
   Conoscevo tutte le mie mosche, ve l'assicuro, sulla punta delle dita. Ero stupito nel discernere le molteplici differenze che esistevano fra loro. SI, ognuna di esse aveva la sua personalità ben distinta. Si distinguevano per la loro grossezza, la differenza di forza, la rapidità del volo, il loro talento ad eludere la mia caccia, a volare dritte come una freccia verso un dato punto, o a volteggiare prima di raggiungerlo, quando sfuggivano alla mia mano che le cacciava dalla famosa zona.
   Esistevano pure tra loro delle caratteristiche più minuziose, che rivelavano del temperamenti diversi. Ce n'era una, particolarmente grossa e cattiva, che si metteva delle volte a girare come una vera furia. Talvolta si attaccava a me, tal'altra alle sue compagne. Un'altra mosca... Voi avete certo visto, in un prato, un puledro od un vitello alzare improvvisamente la groppa, e partire a gran galoppo, per dare sfogo alla sua vitalità esuberante e al suo capriccio. Ebbene : c'era una mosca (fra parentesi, la migliore giocatrice di tutte) il cui unico piacere consisteva nel venire rapidamente a posarsi, tre o quattro volte di seguito, addosso a me. E quand'era riuscita ad evitare il colpo studiato e vellutato della mia mano, entrava in una tale animazione, in una tale allegrezza, che si lanciava per l'aria a tutta velocità, girando e volteggiando, per celebrare, trionfante, intorno alla mia testa, la