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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IL VASABONDO DELIE STELLE '
   5
   terminabili partite a scacchi. Ma quando diventai pratico di questo finto giuoco, mi parve insipido. Non poteva esserci, nelle partite, un conflitto reale, perchè, di fatto, era lo stesso giocatore che agiva nei due campi. Tentai invano di sdoppiare la mia personalità, in due metà, che si contrapponessero. Ma non potei riuscirvi. Era sempre lo stesso uomo che giuocava, e nessuna furberia o strategia poteva utilmente funzionare.
   Così il tempo, eterno, mi pesava sempre di più. Allora iniziai il giuoco colle mosche.
   Queste mosche erano simili a tutte le altre. Entravano nella cella col sottile raggio di luce, nel suo bagliore grigio e confuso. Appresi così che le mosche avevano il gusto del giuoco. Sdraiato per terra, tracciavo col dito, per esempio, sul muro davanti a me, una linea immaginaria, distante circa tre piedi dal suolo. Quando le mosche venivano, volando, a posarsi sul muro, al disopra di questa linea, le lasciavo in pace. Se, al contrario, scendevano sotto, facevo mostra di volerle acchiappare. Avevo cura, tuttavia, di non far loro del male e, col tempo, esse conobbero tanto bene quanto me, dove fosse la linea immaginaria.
   Ed ecco una cosa più sorprendente. Quand'esse volevano giuocare, venivano, apposta, a mettersi al di sotto di questa linea. Le scacciavo, e vi tornavano ancora. Accadeva spesso che una mosca ripetesse lo stesso giuoco per un'ora. Quando ne aveva abbastanza di questo sport, andava a riposarsi in territorio neutrale, al disopra della linea di divisione.
   Dodici o quindici mosche vivevano così in mia compagnia. Una sola fra loro non s'interessava al giuoco. Vi si rifiutava ostinatamente. Dal giorno in cui aveva compreso la penalità in cui incorreva scendendo al disotto della linea, aveva evitate can cura di posarsi nella zona proibita,