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JACK LONDON
argomento, di confessarlo, per risparmiare loro nuove torture, Ma io non potevo che ripetere la stessa verità: non sapevo niente!
Prima d'esser condotto via da una squadra di guardiani, l'agente provocatore m'aveva rivelato, che, dopo la nostra segregazione, non un telaio si era mosso nella prigione, e nessuno dei numerosi la-boratorii era stato aperto. Le migliaia di reclusi di tutta la prigione erano rimasti nelle loro celle, ed era stato deciso, sempre per la famosa dinamite, che nessuno sarebbe stato rinviato al consueto lavoro, prima che essa non fosse stata scoperta. L'affare era certo grave, ed io feci passare la notizia da un'inferriata all'altra.
L'indomani ed i giorni seguenti, gli interrogatori ricominciarono, sempre col solito sistema. Quando gli uomini non potevano più camminare, venivano portati. (Corse la voce che il direttore Ather-ton e il capitano Jamie, anch'essi stanchi, dovessero darsi il cambio ogni due ore. Erano cosi preoccupati, che gli interrogatorii, i quali si erano estesi a tutti i reclusi della prigione, continuavano anche di notte. Essi non si spogliavano nemmeno e dormivano vestiti, a turno, nella stessa sala in cui tormentavano instancabilmente i pazienti.
Nel nostro reparto, la follìa cresceva di giorno in giorno, d'ora in ora. L'impiccagione, credetemi, è un piacere, di fronte a questa tortura interminabile che distrugge un essere umano, pur lasciandolo in vita.
Io che avevo già sofferto più di tutti, ed ero più abituato al dolore, sentivo che il loro tormento aggravava le mie sofferenze. Soffrivo, ad un tempo, per me e per quei quaranta uomini, il cui incessanti clamore reclamava invano una goccia d'acqua, e le cui grida deliranti facevano del nostro reparto una casa di pazzi.