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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   tanta ore di camicia di forza. Tremavo e battevo i
   denti, al solo timore di quel che stava per succedere, a me, povero rottame d'uomo, antico professore d'agronomia in una tranquilla cittadina universitaria. Esitavo a sedermi.
   Il direttore era, per la statura e la forza, un vero colosso. Vedendo che tardavo ad obbedire, si slanciò contro di me, afferrandomi sotto le spalle. Poi, come se fossi stato una semplice festuca, mi sollevò da terra e, lasciandomi bruscamente ricadere, mi schiacciò sul seggiolone.
   — Adesso, — riprese, mentre io cercavo convulsamente di respirare e mi sforzavo di dominare le mie sofferenze, — dimmi tutto, Standing! Sì, sputa fuori tutto! È il miglior mezzo, credi alla mia parola, di migliorare la tua situazione.
   — Ma... ma io non so niente di quel che è successo... — cominciai.
   Non avevo detto una parola di più, che il direttore Atherton, con un grido rauco, balzò di nuovo sopra di me, mi alzò per aria e mi schiacciò nuovamente sulla seggiola.
   — Basta con la commedia, Standing! — continuò. — E inutile! Parla chiaro! Dov'è la dinamite?
   Protestai che non sapevo niente .della dinamite.
   Fui sollevato una terza volta e ricaddi come frantumato. Questo genere di supplizio era nuovo per me. Paragonato agli altri che avevo subito, si può dire che era peggiore.
   Il pesante e massiccio seggiolone non tardò a rompersi sotto gli urti ripetuti del mio corpo. Ne portarono un altro, ed anche questo fu ben presto demolito. Poi un terzo. E sempre ricominciava la fatale domanda sulla dinamite.
   Quando il direttore Atherton fu stanco, il capitano Jamie lo sostituì. E quando Jamie, dopo aver fatto io «tesso, fu stanco, il guardiano Monohaa