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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   te, Molto tempo dopo che io avrò penzolato nel vuoto e sarò così evaso dai bagni della California, egli continuerà a vaneggiare fra i pazzi.
   Ognuno dei quaranta fu così, successivamente, condotto all'interrogatorio e ricondotto allo stato di rottame umano, divagante e urlante nelle tenebre. Ed io, sdraiato sul pavimento, udivo quei pianti, quei lamenti, quel vaneggiar di cervelli ottenebrati dalla sofferenza. E mi sembrava che, in qualche parte del passato nebuloso, sentissi il coro di quegli stessi clamori salire fino a me, che allora non ero nel numero dei pazienti, ma ero il padrone orgoglioso e inflessibile.
   In seguito, identificai questo vago ricordo col tempo in cui, capitano sopra una galea dell'antica Roma, veleggiavo, seduto vicino al timone, sull'alta poppa, verso Alessandria e Gerusalemme. Il Coro era quello dei galeotti che remavano e gemevano sotto di me, nei fianchi della galea.
   Fra poco, vi racconterò questo, a lungo. Per il momento...