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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   il vagabondo delle stelle 19
   Al tempo stesso, Cecil Winwood s'incaricava di persuadere il capo del reparto. Ogni giorno gli faceva i> suo rapporto sullo sviluppo e il progresso del complotto, di cui era egli stesso l'organizzatore. Anche il capo esigeva delle prove. Egli gliele fornì, e i dettagli che dava (dei quali io non seppi nulla per il momento, tanto il segreto fu ben conservato), non lasciavano niente a desiderare.
   Un bel mattino, Winwood annunziò al capo che i quaranta congiurati, che gli confidavano tutto, erano già così a buon punto, da potersi provvedere, coll'intermediario di un guardiano, loro complice, di revolvers automatici.
   — Provalo! — aveva senza dubbio chiesto il capo.
   E il poeta falsario l'aveva provato.
   Si lavorava regolarmente, tutte le notti, ai forni della prigione. Un recluso, che faceva parte della squadra dei fornai, era uno spione al servizio del capo. Winwood lo sapeva.
   — Stasera, — disse al capo, — il guardiano che chiamiamo « Faccia d'Estate » introdurrà in prigione un primo lotto d'una dozzina di rivoltelle. Il resto, colle munizioni, arriverà poi, collo stesso trucco. L'incaricato deve consegnarmi il pacco, nel forno. Voi avete qui un buon confidente. Avvisatelo. Verrà e vi farà domattina il suo rapporto.
   « Faccia d'Estate » era un vecchio contadino, robusto e ben piantato, dal faccione aperto, nativo del distretto di Humboldt. Era un povero di spirito, balordo, bonaccione, che non aveva scrupolo di guadagnarsi un onesto dollaro facendo passare ai reclusi del tabacco di contrabbando.
   Quella notte, di ritorno da San Francisco, aveva portato un pacco di quindici libbre di tabacco, per sigarette finissime. Non era la prima volta che faceva una simile commissione, ed aveva sempre consegnato la merce, nel forno, a Cedi Winwood.