IL VAGABONDO DELLE STFI.LE
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ta. Ma, quando si scrive in una galera, dalla quale non si uscirà che per andare a morire, bisogna passar sopra a certi pudori.
Questo poeta falsario si chiamava Cecil Winwood. Era recidivo, e tuttavia, essendo un leccazampe, un ipocrita piagnone, la sua ultima condanna era stata soltanto a sette anni di reclusione. Colla buona, condotta, poteva sperare che questo termine sarebbe stato ridotto.
Io, invece, ero condannato a vita. Per affrettare la sua liberazione, quella canaglia riuscì ancora ad aggravale la mia situazione.
Ecco come andarono le cose. Me ne resi conto soltanto più tardi.
Cecil Winwood, per cattivarsi il favore del capo reparto e, oltre a ciò, quello del direttore della prigione, della Commissione delle grazie e del governatore della California, inventò di sana pianta un complotto per l'evasione.
Notate questo: prima di tutto, Cecil Winwood era talmente disprezzato dai compagni di prigione che nessuno voleva avere il minimo contatto con lui; in secondo luogo, io ero considerato come un cane idrofobo; jn terzo luogo, Cecil Winwood aveva bisogno, per la sua diabolica macchinazione, di cani idrofobi, cioè di me e di alcuni altri condannati a vita, incorreggibili e disperati come me.
Questi cani arrabbiati odiavano cordialmente Cecil Winwood e diffidavano di lui. Quando cominciò ad accennare al suo piano di rivolta e di evasione in massa, si beffarono di lui e gli voltarono la schiena, ingiuriandolo e trattandolo da agente provocatore.
Egli tornò alla carica e fece tanto che, alla fine dei conti, riunì intorno a sè una quarantina dei Più scalmanati.
M vagabondo delle stelle.
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