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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   JACK LONDON
   suppongo, come si manipolino le elezioni nei barS di San Francisco. E la vostra abilità in questa materia vi ha valso per ricompensa la grassa sinecura che occupate qui. Ma non conoscete assolutamente nulla della tessitura della juta. I vostri laboratori sono in ritardo di mezzo secolo.
   Rinunzio a riferirvi il seguito del mio discorso, un discorso in piena regola. In breve : io dimostrai chiaramente al direttore, come due e due fa quattro, che egli era un imbecille matricolato. Il risultato della mia eloquenza fu che egli decise senz'altro di ritenermi un « incorreggibile » senza speranza.
   Il direttore Atherton pronunziò il suo, verdetto» finale: io ero un cane arrabbiato. Egli aveva buon giuoco. Più d'una colpa, commessa da altri reclusi, ini fu imputata dai guardiani, e per pagare invece dei colpevoli fui rimesso in cella, a pane e acqua, sospeso per i pollici. Questo supplizio, il più orribile di tutti, si prolungava per lunghe ore, ed ognuna di queste ore mi sembrava più lunga di ciascuna vita che avevo vissuto.
   Gli uomini più intelligenti sono spesso crudeli. Gli imbecilli lo sono in modo mostruoso. Ora, gli aguzzini che mi tenevano in loro potere, dal direttore all'ultimo secondino, erano dei fenomeni d'idiozia.
   Ascoltatemi, e saprete quel che m'hanno fatto.
   C'era, nella prigione, un recluso che era un vecchio poeta. Era un degenerato, dalla fronte bassa e dal mento sfuggente. Aveva falsificato della moneta, e per questo si trovava in carcere. Impossibile trovare un uomo più bugiardo e più vile di lui. In prigione egli era docilissirno e faceva la spia. E una specie di persone, questa, che un antico professore d'agronomia non aveva, fino allora, conosciuto. La penna esita a qualificarlo come si meri-