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Il brigante Crocco e la sua autobiografia

Basilide Del Zio
Tipografia G. Grieco| 1903| pagine 113

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   speranza di tanti poveri proprietari| colpiti prima dai briganti| da cittadini più briganti dei briganti| e poi dai militari| era l'intervento| l'appoggio di qualche liberale| di qualcuno che avvicinava il potere militare| e che si interponeva a difesa del disgraziato| sostenendo l'errore del sospetto| e| non poche volte| l'odio ed il rancore di famiglia o di precedenti lotte cittadine. Rammento| fra i tanti| l'arresto del proprietario signor Luigi Pastore di Melfi| il quale pure aveva avuti molti ricatti| ripetuti biglietti-ordini| ed intanto| arrestato come manutengolo| mancò poco ad essere fucilato. E dove' la vita all'opera di influenti patriotti| i quali ottennero dalle autorità militari due giorni di aspettativa| ed in questo tempo si potè' provare l'innocenza dell'arrestato. E ci vollero ordini del generale La Marmora per questa concessione| diversamente sarebbe caduto fucilato.
   Ma non può certamente mettersi in dubbio| che la forza maggiore dei briganti veniva dai beneficati di questi; veniva dai così detti manutengoli| i quali| in città od in paese| si davano tutta l'aria di vecchi liberaloni| avvicinavano il potere militare| erano consiglieri comunali| comandanti di guardia nazionale| e poi trescavano coi briganti| o per vendetta personale| o il più delle volte per far denaro ed arricchire.
   «Accanto al brigantaggio| scrive il prof. Francesco Saverio Nitti| fioriva il manutengolismo| come si dice ancora da noi| ed era di due specie; era fatto per timidità| ed era fatto per avidità. Vi erano coloro che speculavano sui briganti| che qualche volta arricchivano su di essi. I briganti dovevano avere il protettore| l'informatore| il difensore; e spesso queste qualità si trovavano in coloro stessi che dovevano perseguitarli. Parecchie fortune sono state fatte col brigantaggio; assai spesso il manutengolo arricchiva ed il brigante finiva sulla forca. Le chiese stesse ed i monasteri erano asilo di briganti| ed i monaci di Venafro pregavano il giorno| e non disdegnavano la notte di travestirsi per assalire i viandanti e derubarli. Anche| durante il Regno di Ferdinando II| il brigantaggio non fu che malandrinaggio| e quel re| non riuscendo a vincerlo altrimenti| graziava il brigante Giosafat Talarico| accordandogli lauta pensione e soggiorno nella ridente Isola d'Ischia»3.
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