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— Acconsentite? chiese a mezza voce S**.
—.Si; replicò il conte tl'E** con un sorriso ironico.
S** era imbarazzato della troppo facile vendetta. Esitò a compiacerlo. Infine, si decise ad alzare la mano, allorché d'E** gliela afferrò e scuotendogliela con una stretta formidabile, esclamò :
— E voi avete potuto credere possibile ciò? Perchè durante un anno avete potuto sopportare cristianamente l'onta di uno schiaffo, voi avete pensato che io me la infliggerei per sempre ! Non avete capito, che io ho voluto vedere fino dove poteva andare l'ingiuria della vostra esigenza, e la ingenuità della credulità vostra? Ah, che siete divertente, signore ! Ma disingannatevi ; non sono tanto stoico, io ; io sono un uomo come tutti gli altri, e non un superuomo ; di quelli cioè, che ricevono tacitamente le ceffate e le sopportono con quella medesima rassegnazione, con la quale portano le offese arrecate dalla consorte alla fedeltà coniugale ; o con la quale si adattano a proteggere, con un buon matrimonio, in nome proprio, la merce avariata da altri.
— Preferisco ciò: replicò S*s. E dichiarò ai suoi padrini che non voleva avvalersi della sua qualità d'offeso. Non era per generosità; ma perchè, da un anno, tutti i giorni si era esercitato al tiro di pistola e nelia scherma di spada.
I padrini chiesero allora al conti d'E** quale arma preferisse.
— Una pistola, una spada, un coltellaccio.... ciò che vi piacerà meglio.
Sortirono senza pronunciar verbo e si diressero verso un luogo ristretto tra la montagna e il mare.
Invano i testimoni tentarono una conciliazione, essendo ormai trascorso un anno dall'ingiuria.
— Impossibile, affermò S**; sento ancora la mano di quel signore sulla gota.
La luna splendida era della partita. Ci si vedeva come di giorno.
I due avversari si collocarono di fronte a venticinque passi.
II primo sparo simultaneo fu senza effetto. Al secondo