La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      Fra le tre e le quattro del pomeriggio la mischia frenetica si stringeva già dalla falda orientale del Montello, tra il fiume e la strada; una tempesta di grandine si scatenava sul gurgito dei ferini aggro-vigliamenti. Perdendo spazio in così breve volgere di tempo, il grosso delle forze nemiche doveva ancora passare sull'altra sponda.
      Il ripiegamento, già disordina tissimo, si trasformava in una ritirata precipitosa fantastica di uomini, di salmerie, di cavalli e di muli dispersi. Chiusa come in un cerchio di bronzo fra la terra e l'acqua, la marea dei nemici non aveva una sola via di scampo.
      Le colonne dei cariaggi lasciavano la strada e in corsa pazza si buttavano nel fiume cercando di guadarlo. I serventi si mettevano alle catene dei timoni e trascinavano i pezzi con l'acqua alla cintola. Soverchiati nell'inseguimento dai nostri si arrendevano e ripassavano sulla sponda destra, abbandonando le colonne che a poco a pòco restavano sommerse. I cavalli e i muli, spaventati dal turbine, sospinti dal tiro incrociato delle mitragliatrici passavano al galoppo sui morti e sui feriti giacenti al suolo da ogni parte: tra le siepi, giù per il dolce pendio delle scarpate, sull'orlo delle barene, in mezzo ai frutteti schiantati, fra le macerie delle case abbattute. Cozzi furibondi, lotte a corpo a corpo si accendevano sulle ghiaie, sulle zattere che i nostri raggiungevano nel tragitto da una sponda all'altra ; i nuclei rifugiatisi sui barconi erano costretti a gettare i remi, le armi e ad arrendersi per evitare la minaccia degli assalitori, che con le bombe a mano, si disponevano a farli saltare in aria.
      Le imbarcazioni sfuggite all'assalto fra le acque, non toccavano la riva sinistra perchè, su di esse, mancavano le braccia per puntare i remi a fiocina sul greto; trasportavano infatti alla deriva vere montagne di cadaveri o di feriti che invocavano soccorso con alte grida strazianti. Alle sei pomeridiane la disfatta nemica raggiungeva il culmine. Fra noi e gli avanzi della 6.a Armata dell'arciduca Giuseppe era tornato di mezzo il Piave come all'alba del 15 giugno, "il Piave rosso di sangue, testimonio della lotta".
      Tutta la riva destra del Piave, ma specialmente il Montello fu una immane tomba austriaca. I morti intorno empivano l'aria di acri esalazioni. La morte non
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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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