La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      sa principale della sua morte. L'imperatore aveva 86 anni e ne aveva regnato 68. Era salito al trono, per l'abdicazione di Ferdinando d'Austria, il 2 dicembre del 1848 all'età di diciotto anni.
      Il regno di quest'uomo, nemico di ogni principio liberale, che gravò la sua mano con ferocia sopra i popoli di diverse razze a lui soggetti, che violò patti quando, secondo lui, gl'interessi della sua nazione glielo imponevano, che non fece mai grazia alle numerose vittime consegnate da lui stesso al carnefice, il regno di quest'uomo fu tutta una sequela di sinistri eventi uno solo dei quali sarebbe bastato a piegare qualunque forte tempra, a spingere verso una concezione più mite della vita e delle idee degli altri qualunque rigida mente, qualunque animo duro. Quest'uomo venuto da una famiglia di despoti e di degenerati vide scomparire tragicamente una ad una tutte le persone più strette a lui da vincoli di sangue, fra queste il figlio arciduca Rodolfo erede al trono ucciso misteriosamente, la moglie imperatrice Elisabetta assassinata da Lucheni a Ginevra, l'arciduca Ferdinando che gli doveva succedere vittima del complotto di Serajevo ; ebbe fra i suoi dei pazzi, dei criminali, principi e principesse che colle loro scandalose avventure gettarono vergogna e ridicolo sulla sua casa ; eppure quest'uomo percorse tutto intero il lunghissimo suo cammino senza piegare mai sotto il peso di tante orribili sciagure, senza che la tempesta che ad ogni momento si abbatteva su lui lo curvasse, inflessibile nella sua condotta, insensibile ad ogni grido di dolore da qualunque parte venisse. Egli non conobbe le pietà, mai. Alla ragione di stato inspirò tutta l'opera sua. Quella sola prevalse anche quando per sostenerla occorse compiere un delitto, calpestare un trattato, violare la costituzione. Religioso fino al bigottismo osservava con devozione tanto più ripugnante quanto più si conosceva l'uomo, le pratiche religiose giungendo sino a seguire a piedi per le vie di Vienna a capo scoperto e con un cero in mano la processione del Corpus nomini. Finta umiltà o debolezza senile che sperava con quei gesti di acquistarsi la protezione o la misericordia di quel Dio ch'egli pregò e venerò a parole, ma che profanò e bestemmiò sempre coi fatti. Fu sempre in relazione di intima cordialità col Vaticano e gli ultimi tre papi Leone XIII, Pio X e Benedetto XV ebbero rapporti continui con lui. LaI — 205 —


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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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