La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      schio, del pericolo. Colla costanza, continuando ad allenarsi, riuscì a correre in bicicletta liberandosi così qualche volta dalle grucce, imparò a nuotare e prese parte a gare di nuoto nel Tevere. Sulla sua bicicletta, da solo, attraversò tutta l'Europa, giunse fino in Lap-ponia. Allora si occupò di lui anche la stampa. Nel suo quartiere era popolarissimo. Donava a chi era più povero tutto quello che guadagnava e spesso dava man forte alla polizia contro i teppisti più facinorosi.
      Quando scoppiò la guerra Toti fece una supplica al Ministero della Guerra perchè gli permettesse di ritornare bersagliere. Non fu accolta. La ripetè tre volte, senza stancarsi mai, enumerando le sue capacità sportive, dicendosi pronto a tutto, ai lavori più umili e ai compiti più duri. Riuscì a presentarsi al Duca d'Aosta il quale, vedendolo così generoso, instancabile, fervido accondiscese alle sue richieste. Fu adoperato per parecchi mesi come "porta ordini", porta lettere, piantone. Nel gennaio 1916 finalmente il maggiore Razzini comandante del 3.o bersaglieri ciclisti gli permise di restare in trincea. Fu una vedetta impareggiabile, lavorò da muratore, da sterratore, da portatore. Divertiva i compagni narrando la sua vita avventurosa; rincuorava, sosteneva lui, mutilato, i deboli; scuoteva i neghittosi. Ma quando il 6 agosto al suo battaglione fu dato l'ordine di attaccare la cima di quota 85 volle ad ogni costo seguire i compagni. Il suo colonnello narrando l'episodio disse: Fra i primi arrivò sulla trincea nemica lanciando bombe e lottando come potè col fucile. Egli aveva imparato a mirare e a sparare stringendo il calcio sotto l'ascella destra e sostenendosi col-l'ascella sinistra sulla gruccia. Fu ferito tre volte. Grondava sangue, sparava e gridava ai suoi compagni : Viva l'Italia! Viva Trieste! Viva i bersaglieri! Alla terza ferita cadde a terra, si rialzò; fece ancora pochi passi; poi, appoggiandosi al fucile, afferrò con la destra la sua gruccia, il misero seguo della sua debolezza che per amor di patria egli aveva saputo mutare in forza e in eroismo, e la scagliò, come uno scherno, contro il nemico in fuga. E ricadde, morto.
      Enrico Toti ebbe la medaglia d'oro e a Roma fu aperta una sottoscrizione per erigergli un monumento.
      Un altro ancora : il marchese Paolucci de Calboli, tenente di complemento del reggimento Savoia di Ca-, valleria, figlio del ministro d'Italia a Berna. Questo
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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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