La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      E qui occorre ima breve digressione.
      La presa di Gorizia aveva costituito da sè sola un così grande avvenimento che non solo doveva occupare la curiosità del pubblico per lungo tempo, ma far passare anche in seconda linea, se non addirittura trascurare tutti gli altri avvenimenti di minore importanza. Oltre a ciò, specialmente per il valore strategico attribuitole prima della conquista, per le affermazioni ripetute dalla stampa e dai critici militari che la formidabile piazzaforte era la chiave dell'Austria, che con questa caduta la via di Vienna era aperta, e d'altra parte per il suo lungo assedio, per le enormi difficoltà superate per occuparla, era penetrata nel popolo italiano la convinzione che il compito di Cadorna fosse oramai molto semplificato, che l'avanzata dei nostri sarebbe continuata subito più rapida e più sicura, che l'ingresso delle nostre truppe in Trieste fosse solo questione di giorni. E non solo il popolo rimase se non disilluso, certo sorpreso e perplesso davanti ai lunghi giorni che seguirono senza che apparentemente l'esercito nostro facesse quel nuovo salto definitivo in avanti di cui la presa di Gorizia sembrava il preludio. Molti degli studiosi della guerra, molti dei critici commentarono nel limite della libertà loro concessa dalla censura e dalle ragioni militari, questa specie di sosta che ci condusse sin verso la fine del secondo anno con azioni scarse e non risolutive. Le cause furono ricercate un po' da per tutto. Si accusò anche la mancanza di carbone e di munizioni promesse dall'Inghilterra e dalla Francia, che pareva non venissero mai. In qualche ambiente si cominciò a mormorare contro il Comando Supremo, a discutere le sue capacità ed il suo piano. Ma tutto ciò non in forma aperta. Era un vasto susurrio nel quale soffiavano non solo quelli che lo facevano in buona fede, ma anche gl'interessati a spargere la sfiducia, a creare quel senso di stanchezza e di pessimismo dal quale si può passare a delle risoluzioni pericolose.
      Non era certo la sfiducia nel soldato quella che sentiva il popolo, poiché si sapeva ciò che esso aveva compiuto e ciò che stava compiendo di miracoloso, ma un senso di preoccupazione, quasi che per la prima volta
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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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