La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919 di Paolo Pallavicini

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      Alle due dopo mezzanotte la compagnia che aveva l'ordine di conquistare gli ultimi ottocento metri che separavano la trincea italiana dal cocuzzolo, mandò avanti i volontari della morte con i tubi di nitroglicerina a far saltare i reticolati delle trincee avversarie. Costoro non trovarono più i "piccoli posti" le guardie esterne, due bersaglieri che in caso di un attacco nemico dovevano dare l'allarme. Evidentemente questi erano stati sopraffatti improvvisamente e presi prigionieri prima ancora di poter gettare l'avvertimento del pericolo.
      Durante tutta la notte il costone di Iavorcek rintronò delle detonazioni. I reticolati saltavano.
      Alle sei e mezzo del mattino tutta la compagnia balzò fuori dalla trincea, si slanciò colla baionetta innastata su per le scale di macigni, fra gli alberi densi, alcuni schiantati dalle nostre granate. Tutti avevano sul viso la maschera per proteggersi contro i gas asfissianti.
      Su loro scese un torrente di piombo, rotolavano e scoppiavano bombe a mano, sibilavano le mitragliato ci. Proseguirono sotto la gragnuola, in mezzo alla fiamma, avvolti nel fumo mortifero. Percorsero settecento metri cercando di abbrancare alla gola la morte, di tenerla ferma sin quando la trincea austriaca della vetta non fosse conquistata. Impiegarono sei ore a percorrere sotto il fuoco quei settecento metri, avanzavano a sbalzi; a volte, nei punti più scoperti, erano obbligati a fermarsi a coprirsi alla meglio, e trincerarsi. Poi riprendevano lo slancio fra l'uragano di mitraglia, con un solo cieco istinto in tutti i muscoli, in tutti i nervi tesi : raggiungere la vetta. E la raggiunsero. La trincea era colma di cadaveri e fra i cadaveri, le piccole sentinelle italiane fatte prigioniere la notte. Gli austriaci le avevano finite nella loro trincea; sul corpo di una furono riscontrati ventotto colpi di baionetta.
      I trenta vincitori erano tutti soldati semplici. Neppure un solo caporale si era salvato. Il tenente Gian-netti aveva guidato la compagnia fino al parapetto della trincea nemica, poi era caduto riverso colpito da cinque o sei proiettili. Ma Iavorcek era italiano.
      Un bersagliere di ventiquattro anni, faccia di bimbo e cuore di leone, aveva portato con sè, sul petto, una bandiera italiana. Salì su di un albero di larice
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La Guerra Italo-Austriaca 1915-1919
di Paolo Pallavicini
Società Libraria Italiana New York
1919 pagine 519

   

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Iavorcek Gian-netti Iavorcek