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Geografia e Geologia

L. De Marchi
Francesco Vallardi Milano, 1929, pagine 436

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a cura di Federico Adamoli

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   I fiumi che scendono dall' Appennino centrale al Tirreno, più ricchi d'acque, perchè il versante occidentale della catena, battuto dai venti umidi del Mediterraneo, e più piovoso dell' orientale, e molto torbidi per la facile disgregabilità dei versanti, hanno creato una zona quasi continua e in molti tratti assai ampia di costa alluvionale (quaternaria), che rappresenta una conquista della terra sul mare. Essa sarebbe uno dei campi più fertili e più facili alla coltura, se l'incertezza del deflusso delle acque, facilmente divaganti e straripanti sulla piana senza pendenza, non avesse determinato la formazione di paludi e lagune favorevoli allo sviluppo della malaria. Anche lungo le coste del medio e basso Adriatico e del .Ionio si succedono lembi di pianure alluvionali, meno ¦estese per il recente sollevamento. La più estese sono la pianura pugliese, o Tavoliere delle Puglie, e, in Sicilia, la piana di Catania. Anche in Sardegna, dove ai terreni del paleozoico s'intercalano lembi terziari, indizi di sommersione ed immersioni successive di quell'antico; rudere della Tirrenide, abbiamo nei ¦Campitani di Oristano e di Cagliari larghe estensioni alluvionali e idrografia incerta e intensa malaria.
   Alla grande varietà dei terreni della penisola appenninica e delle isole fa contrasto la grande uniformità della pianura padana creata dalle alluvioni dei fiumi e torrenti scendenti dalle Alpi e dall'Appennino, le quali ricolmarono un antico seno di mare. I fiumi allo sbocco delle valli in pianura h^nno abbandonato, per la repentina diminuzione di pendenza e di velocità, la parte più grossolana e pesante dei materiali da essi convogliati, in ampie conoidi di sabbie e ghiaje. Abbiamo quindi una zona più elevata, lungo il piede delle colline prealpine e preappenniniche, di terreni molto permeabili all'acqua, e quindi prevalentemente asciutti ì superficie, sui quali etra i quali si elevano e si intercala» ) gli avanzi degli apparati morenici ahbandonati dai grandi ghiacciai dell' era quaternaria. Man mano che si discende verso l'asse della valle, segnato del corso del Po, i materiali diventano sempre più minuti fino a fanghiglie. La zona più bassa è assai ricca d'acque portate dai fiumi, che ivi (se l'uomo non ha provveduto ad arginarli) facilmente straripano, e dalle numerose sorgenti allineate in una zona quasi continua dal Piemonte al Veneto (zona delle resorgive o dei fontanili). Queste sorgenti non sono altro che il riaffiorimento alla superficie delle acque assorbite dalle permeabili conoidi pedemontane. Tutte queste acque che originariamente dilagavano in paludi e stagni,