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Geografia e Geologia

L. De Marchi
Francesco Vallardi Milano, 1929, pagine 436

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a cura di Federico Adamoli

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   FENOMENI ERUTTIVI
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   assai antichi, sono letteralmente crivellati da condotti verticali riempiti di materiale vulcanico e terminanti in superfìcie in crateri più o meno svasati, spesso racchiudenti piccoli laghi (Maare). Questi crateri-pozzi senza apparato esterno eruttivo, cioè senza rilievo vulcanico, rappresentano un effelto analogo a quello che talvolta si riscontra nell'esplosione delle caldaje, dove grosse lamiere vengono nettamente traforate in molti punti contigui e distinti.
   Lo studio geologico di regioni, dove il vulcanesimo ebbe manifestazioni in epoche anteriori alla nostra, dimostra che questa forma di traforamelo per fori verticali fu relativamente frequente. Si osservano cioè delle aree ristrette, formate di rocce e di detriti vulcanici, le quali si prolungano in profondità come pozzi ricolmati entro rocce sedimentari non sensibilmente alterate nella loro posizione: tali formazioni, dette con parola inglese necks (neck collo), furono riscontrate, oltreché nell'Bifel, in Iscozia e recentemente nei Colli Berici, presso Vicenza. I giacimenti di diamante dell'Africa meridionale si trovano entro necks.
   46. Fenomeni eruttivi. — Lo studio del formarsi ex-novo di un vulcano, come nel caso del Monte Nuovo e del Jorullo, o del risvegliarsi di un vulcano, dopo un lungo periodo di quiete, ci dimostra che sempre il fenomeno si inizia con una esplosione. Noi abbiamo in due famose lettere di Plinio il Giovane una classica descrizione del modo come si risvegliò il Vesuvio, nel 69 d. C., dopo un lunghissimo periodo in cui pareva spento, tanto che tutto l'interno del vasto e profondo cratere era coperto di bosco. Quelle due lettere sono ancora documenti scientifici importanti, in un campo dove la scienza deve tuttora quasi esclusivamente restringersi allo studio dei fenomeni esterni.
   La fase esplosiva del Vesuvio si manifestò col getto di una altissima colonna di nube lanciata verticalmente dal cratere ed espandentesi alla sommità, a guisa, come dice Plinio, di pino a ombrello (fig. 48). Plinio dal Capo Miseno osservò anche una grande nuvola che, rotolando, lungo i fianchi del monte, si estese sul mare propagandosi lentamente attraverso il golfo di Napoli. Egli narra, per informazioni avute, che Io zio Plinio il Vecchio, andato per mare al soccorso della popolazione, e rimasto soffocato dalle ceneri a Ba.ja, vide un gran numero di incendi di alberi e di case sul monte, prodotti evidentemente da emissione di materia ad alta tempera-ratura, lava o nubi ardenti.
   Le nubi ardenti sono un f nomeno che fu osservato e studiato nella recente eruzione del vulcano La Peleé nell'isola di Martinica, risvegliatosi, dopo un periodo quasi secolare di