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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 119 —
   niito nel 1500 a Firenze; e suo padre, Andrea, che amava la mnsiea, voleva farne un sonatore di pifferi. Se Benvenuto avesse seguito il consiglio del testardo genitore, serebbe stato come colui che va contr'acqua, il quale fa poco cammino. Invece senti e segui la sua vera vocazione, e divenne quel grande artefice che o-gnuno sa. Bizzarro e focoso, fuggi di casa per non suonare i pifferi: stralunato e indeciso del suo cammino, discese lung'Arno, e giunse a Fisa. Aveva 16 anni, e trovandosi senz'arte, ma innamorato dell'arte, s'appoggiò alla sponda d'un ponte, e guardava giù in Arno, con aria cupa e con aspetto in cui trasparivano le torbide idee della mente, i tempestosi affetti dell'animo. Chiunque il vedeva colle ciglia aggrottate guardare ai vortici della corrente che flagellava le pile del ponte, temeva pei giorni di lui.
   — Si voleva forse annegare ? dimandò Leonzio.
   — L'intenzione pareva quella; ma Iddio non volle. Ritratto lo sguardo dalle acqne, e vòltolo alla bottega dell'orefice Olivieri della Chiostra, s'accostò a questa, e guardò sospirando gli smalti, le miniature, i bassi rilievi ch'eran nelle mostre. Olivieri, omaccione dabbene, il quale coi giovani era tutto cuore, lo squadrò in viso, e gli disse: Vuoi comprare? — No, voglio fare. — E sai tu il disegno? — Abbastanza. — D'onde vieni. — Da Firenze. — Chi sei ? — Benvenuto Cellini. — E a qual arte ti applicasti? — A nessuna. — Oh! — Mio padre vuole che io suoni i pifferi, ed io vo' far l'òrafo,