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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 106 —
   — Disegnava sulle pareti nella rustica sua casa; e la vecchia fantesca della famiglia colla scopa e la spugna cancellava que' segni artistici ; come a Bologna le guardie di pubblica sicurezza sbrattano dai muri le sguaiate parole: abbasso questo, abbasso quest'altro, marte a Menico, marte a Pompilio, ladro il tate, ladro il tal altro.
   — Porcherie!
   — Oh si porcherie. Ma le guardie ormeggiano, ormeggiano, e non veggono. — Basta, tiriamo innanzi! — Dice lo storico Vasari che il nostro valente artista era così astratto, pensando solo alla pittura, che non cura-vasi di nulla, e andava intorno sì sciamanato e strano, ohe il volgo gli mutò il nome di Tommaso in quello di Masaccio. Egli però se ne rideva; e Masaccio sarà sempre glorioso. Masaccio fu amorevole, servigievole e onestissimo.
   — Bravo!
   — Dipinse il suo ritratto in un embrice.
   — Oh vedi!
   — E pare vivo. Mori di 40 anni appena, nel 1443. Annibal Caro, esimio scrittore delle Marche, scrisse di lui che la sua pittura fu pari al vero; che Patteggiò, l'avvivò, le diede moto ed affètto. E il Buonarroti, che fu il più grande artista d'Italia, anzi del mondo, disse con un po' di orgoglio : Io posso insegnare agli altri, ma debbo imparare da Masaccio.
   — Viva Masaccio, viva Masaccio ! gridò l'allegra comitiva. — E intanto entrava il bifolco della cascinetta,