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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 102 —
   possono agitare le anime e le fibre di meschinelli e di tapini.
   Ma per lasciar le ubbie, e venire ai fatti, incomin-cierò dal pittore ed architetto Giotto, traendone le notizie dal volume dei Fanciulli celebri italiani del signor Berlan.
   I principi di quel grand'uomo furono verso il 1278. Suo padre, nomato Bondone, era lavoratore di terre, e stava a Vespignano in quel di Firenze. Il nome Giotto vuoisi abbreviativo di Angiolotto o d'Ambrogiotto. Ma lasciamola là : diciamo Giotto, e basta. Questo nome è celebre tanto, che nulla più. Il ragazzetto, che mQstrossi vivace e pronto, ebbe dal padre in custodia una greggia: e mentre le sue pecore pascolavano e meriggiavano, egli disegnava qualche cosa dal vero, o sulle lastre, o sulla terra, o nella sabbia. Avvenne un di che il valente pittore Oimabue, andando per sue faccende da Firenze a Vespignano, vedesse Giotto che ritraeva con una punta su d'una lastra piana e polita una pecora di naturale, senza che mai avesse avuto nessun maestro a ciò fare.
   — Anche Bartolino, disse Leonzio, diventerà un Cimabue o un Giotto, perchè disegna pecore che sembrano cani, e cani che sembrano asini.
   — Anzi ar... roti... tini, rispose Bartolino sdegnato.
   — Zitti, zitti, disse con fermezza il signor Teòtimor se Bartolino non sa disegnare pecore e cani, sa intes-sere canestre e panieri, che è pur qualche cosa.