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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 8G —
   animo docile e fidente, a Tengono accrescendo mano mano senza difficoltà ed opposizioni, e giungono infine a migliorare, a rigenerare, a trasformare paesi e popoli.
   Ritornato pertanto il signor Teòtimo, fu desso pregato a ripigliare le narrazioni sui figli del popolo venuti in onore; ed egli fece sapere che dopo il vespro della domenica 31 di loglio, radunati gli amici sull'aia della sua villa, terrebbe discorso di facchini e di stoviglia!.
   I soliti frequentatori furono al ritrovo; e il signor Timoteo cosi loro parlò: — Non vi narro una favola, non vi abborraccio una novella; vi racconto un po'di biografia e un po' di storia, intendendo di esporvi un po'di vita d'un facchino, e un poco di storia d'una città. — Se voi andaste a Parma nella pubblica biblioteca, vedreste un bell'uomo sui 55 anni, quadrato della persona, e significante assai Allo sguardo: quell'uomo che ora è assistente primario in essa biblioteca, air età di vent'anni non sapeva nò leggere nè scrivere.
   — Peggio di Bartolino e di Biagio ? dimandò Leonzio.
   — Tanto peggio, che assolutamente non distingueva Vo dall'y e il 4 dal 7.
   —- E come ha fatto ad imparare a quell* età ?
   -«-Prima di tutto all'età di vent'anni l'uomo è fresco della mente, ed ha più robustezza per sostenere le fatiche dello studio, che non un bimbo di cinque o sei anni. Oltre di che questo giovine sentiva un impulso da natura di lasciare il mestiero di facchino (ch'era
   
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