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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   una gran tavola, inforcò gli occhiali sul naso, aperse una cartolina dov' erano scritti alcuni nomi ed alcuni appunti, tossi tre volte, e in mezzo al silenzio di quel popolo dabbene, con calma solenne incominciò:
   In Toscana, nella provincia maremmana di Grosseto, in aria cattiva, su di un còlle circondato da pantani, sta una povera città quasi deserta, la quale ha un vescovo, una cattedrale e alquanti canonici ; ma questi ed il vescovo non vi si recano che una volta Tanno, il di della sagra, restando negli altri 364 giorni a Pitigliano, per non patire la mal aria e morire di febbri. Ebbene: in questa misera città chiamata Soana, nacque fra il 1020 e il 1025, vale a dire 800 anni fa, un povero fanciullo, figliuolo d'un meschino falegname, che stentava la vita lavorando dì e notte per sostentare la te-nerella famiglinola. Fra questi figliuoli! n'ebbe uno chiamato Ildebrando, che fu un prodigio d'ingegno e di ferma volontà d'imparare, sicché vendeva il proprio cibo per far denaro e comperarsi antiche leggende, che teneva a memoria, e narrava poi agli amici ed ai fratelli. Costui, capitato a Siena, vi tenne ragione degli antichi popoli e delle loro vicende; e spiegava come passo passo le fortune delle nazioni si travasano, e come per debolezza e per corruzione declini a servitù chi comandava, mentre per fortezza e per virtù si elevano al comando coloro che un tempo ubbidirono. Questo savio e dotto giovinetto unì all'ingegno l'industria: ed in que' tempi anteriori d' assai a Pànfilo Gastaldi da